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Sulle alleanze a sinistra il macigno dell’Ucraina

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È una delle rare occasioni in cui dal vertice del Pd arrivano parole chiare sulla politica estera delle opposizioni. E forse non a caso seguono la promessa della segretaria Elly Schlein di essere la leader di tutti, per rassicurare correnti che le promettono fedeltà ma si muovono come minimo per condizionarla. «È evidente», ha detto il presidente del partito, Stefano Bonaccini, «che il programma di politica estera deve trovare concordia nella coalizione che si mette in campo». È quello che molti pensano, pur tacendolo diplomaticamente. Evitano di dichiararlo in modo esplicito perché temono di sgualcire il rapporto già tormentato con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e la sinistra di Avs. Eppure è uno dei macigni che si profilano sulla strada delle elezioni politiche del 2027, per le posizioni anti Ue e filorusse di alcuni alleati; e per il sostegno meno convinto del passato che si riscontra in frange dello stesso Pd, e in settori della maggioranza guidata da Giorgia Meloni, al di là dell’antieuropeismo della Lega di Matteo Salvini. 

Con un grado di sincerità spiazzante anche per Elly Schlein, Bonaccini disegna uno scenario impegnativo per il partito e per il resto dell’opposizione. «Un conto è fare alleanze nei comuni, un conto nelle regioni e un altro è il governo nazionale», ha avvertito. «Nelle regioni e nei comuni un programma di politica estera non lo devi fare». A livello nazionale sì, ed è «questa la sfida che abbiamo davanti». Rimane da vedere quale seguito abbia una posizione così netta. La tentazione a sinistra di eluderla è forte. La questione dei rapporti con Ue, Nato e Ucraina si rivela dirimente, rispetto a un M5S che a Bruxelles vota con la Lega contro gli aiuti militari all’Ucraina. 

Ma nel momento in cui si incrociano il sostegno a Kiev e il negoziato con una Russia incoraggiata da Donald Trump, le alleanze internazionali si rivelano un discrimine. E lo saranno sempre di più, nonostante un pezzo dell’Italia e della politica sembrino stanchi e accarezzino l’idea di una «pace comunque»: ipotesi non solo rischiosa ma impraticabile. Significherebbe consegnare Ucraina e Vecchio continente alla subalternità a Putin. Per questo il governo Meloni non recede dall’appoggio a un Volodymyr Zelensky indebolito quanto insostituibile. E ieri, dopo un colloquio telefonico avuto con lui insieme con altri leader europei, ha ribadito «l’approccio costruttivo sempre dimostrato» da Zelensky. L’incognita da chiarire è «la convergenza di vedute tra partner europei e Stati Uniti quale fondamento per il raggiungimento di una pace giusta e duratura». È la conferma di un’Ue decisa a non abbandonare l’Ucraina; e a tentare di convincere Trump a fare lo stesso.

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1 dicembre 2025

1 dicembre 2025

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