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«Carosello in Love» fra errori, fragilità e macchiette

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Non dico rigore storico e filologico ma se una fiction Rai parla della storia della Rai dovrebbe almeno stare attenta a non dare false informazioni. Sto parlando di «Carosello in Love», un film scritto da Simona Coppini, Armando Festa e diretto da Jacopo Bonvicini. Stupisce che fra i produttori ci siano Matteo Rovere e Sydney Sibilia e che abbiano avvallato tanti errori. Almeno leggere il libro di Marco Giusti!

«Carosello» ha accompagnato per mano gli italiani nel processo di modernizzazione, ne ha rispecchiato i problemi e le aspirazioni quando il paese era ammaccato dalla guerra, povero, poco scolarizzato. L’idea del «teatrino» era di dare una radice nella tradizione nazionale alle immagini dispersive della «società dei consumi», come allora si cominciava a dire. Quel «corpo estraneo», dominato da regole ferree, è stato per anni un laboratorio di linguaggi televisivi, un’officina dove si potevano sperimentare soluzioni che la programmazione normale non era in grado di concepire ma solo di assorbire, con lentezza e cautela.

A differenza di quanto racconta il film, i caroselli non venivano prodotti dalla Rai ma dalle case di produzione legate alle agenzie pubblicitarie; non c’era un solo regista a realizzarli ma nomi eccellenti della cinematografia italiana, anche se un po’ se ne vergognavano. L’elenco delle parole proibite non era stato compilato dalla Sipra ma dalla stessa Rai, sotto la direzione di Filiberto Guala e ispirato da mons. Albino Galletto, fondatore del Centro Cattolico Televisivo. Poi la storia è di una fragilità disarmante. 

Laura (interpretata da Ludovica Martino) è una ragazza affascinata dalla potenza magnetica della tv, Mario (Giacomo Giorgio) è invece un regista impegnato, che concede in prestito il suo presunto talento alla pubblicità, mentre nel cassetto conserva il sogno del cinema d’autore («Hai preferito i soldi all’arte», gli dice un suo amico di sinistra). Vorrebbe essere un viaggio sentimentale tra pubblicità, sogni e desideri per rievocare (maldestramente) l’atmosfera di un’epoca in cui la tv riusciva a unire il paese e a far sognare milioni di italiani.

Spiace che un grande come Marcello Marchesi sia stato ridotto a macchietta.

1 dicembre 2025 ( modifica il 1 dicembre 2025 | 15:47)

1 dicembre 2025 ( modifica il 1 dicembre 2025 | 15:47)

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