
A cinquant’anni dalla celebre serie Rai che lo rese un simbolo di ribellione e libertà, torna l’eroe nato dalla penna di Emilio Salgari (1862-1911). Una storia senza tempo che conduce gli spettatori in terre esotiche e tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce.
Sandokan è un principe malese spodestato che, per vendetta contro gli invasori britannici, diventa il temuto capo dei pirati dell’isola di Mompracem, affiancato dal fedele amico portoghese Yanez de Gomera. È dipinto come un eroe romantico e intrepido, mosso da un forte senso dell’onore e della giustizia. Combatte l’oppressione coloniale, incarna il coraggio indomito contro gli imperi.
La sua figura è anche legata a una tormentata storia d’amore con Marianna, la «Perla di Labuan». Salgari, pur non avendo mai viaggiato in Asia, attinse a cronache, mappe e dizionari per creare un mondo esotico e avventuroso, fatto di giungle selvagge, pirati leali (i «Tigrotti») e battaglie navali mozzafiato, che ha infiammato l’immaginazione di generazioni di lettori. E soprattutto di telespettatori.
La storia di Sandokan in tv
Era il 1976 quando sugli schermi italiani irrompeva la figura di Kabir Bedi, con la sua fisicità e lo sguardo torvo, accompagnato da un urlo diventato poi cult: «Sandokan! Sandokan!». Da allora il celebre pirata è diventato un personaggio dominante della televisione segnando, attraverso lo sceneggiato di Sergio Sollima, intere generazioni.
Com’era quello «sceneggiato», come si diceva allora? Liberamente tratto dai nove volumi del «ciclo indiano-malese» di Salgari, la miniserie in sei puntate di Sergio Sollima faceva rivivere sul piccolo schermo le avventure di Sandokan (Kabir Bedi), pirata-gentiluomo. Accanto a lui, Yanez (Philippe Leroy), l’avventuriero portoghese che aveva sposato la causa della Tigre di Mompracem contro il colonialismo inglese, la Perla di Labuan (Carole André), il crudele James Brooke (Adolfo Celi), Lord Guillonk (Hans Caninenberg) e Tremal Naik (Ganesh Kumar) evocavano le più belle pagine dello scrittore veronese.
«Sandokan» fu girato nei luoghi in cui Salgari aveva ambientato l’azione: le riprese si sono svolte a Kuala Lumpur, capitale della Malaysia, in Thailandia, a Tiraputi nell’interno dell’India e a Madras». Infatti, si ricordano i meravigliosi paesaggi e il poderoso duello di Kabir Bedi con una tigre.
Il volto di Kabir Bedi
A proposito di Kabir Bedi, forse per vocazione o forse solo per caso o fors’anche per sottile maledizione, la vita artistica dell’attore è destinata al legame perpetuo con Sandokan. Tutto cominciò nel 1976 con il «Sandokan» di Sergio Sollima, è proseguito vent’anni dopo con il «Il ritorno di Sandokan» di Enzo G. Castellani, è continuato poi con il «Il padre di Sandokan» ancora di Sollima.
Nel frattempo, all’attore nato a Lahore (allora India, poi Pakistan) sono stati offerti altri ruoli avventurosi ambientati in giungle, deserti e altre esotiche location. Niente da fare: se non c’è la Tigre di Mompracen, la sua ansia interpretativa ed esistenziale non si quieta. Per questo, come dice un vecchio proverbio malese, a tigre donata non si guarda in bocca.
L’eroe al cinema
Anche il cinema è sempre stato molto generoso ne confronti dell’eroe salgariano: lo troviamo protagonista in non meno di 20 film, da «I Pirati della Malesia» (1941) a «Sandokan – Le Due Tigri» (2008), da «I Misteri della Jungla Nera (1953)» a «Sandokan – La Tigre ruggisce ancora« (2001).
Il mito di Sandokan perdura nel tempo perché la sua figura è ispirata alle gesta dei raider malesi (pirati locali) che popolavano le acque del Sud-Est asiatico e che combattevano contro le potenze coloniali europee (principalmente britannici e olandesi) per difendere la propria indipendenza e le rotte commerciali.
Il suo acerrimo nemico, il Rajah Bianco James Brooke, è un personaggio realmente esistito. Brooke fu un avventuriero inglese che nel 1841 divenne il governatore di Sarawak, combattendo ferocemente contro la pirateria locale, percepita come una minaccia all’espansione coloniale. Sandokan, nel romanzo, rappresenta la personificazione della resistenza indigena contro l’invasore straniero.
Per questo, grazie ai libri Salgari e anche alla televisione, Sandokan è diventato un archetipo universale del ribelle che non si piega al potere e lotta per la giustizia e la propria identità.
1 dicembre 2025
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