
Che ne sarà dei beluga che vivono nelle vasche, troppo piccole per loro, del parco acquatico Marineland di Niagara Falls, in Canada? Ci sarà mai un futuro sostenibile per loro dopo una intera vita trascorsa in cattività, esibendosi per il pubblico? Sono domande che al momento non hanno risposta.
L’impianto è chiuso, colpito dalla crisi che vivono molte strutture del genere, in tempi in cui anche la popolazione sembra più sensibile alle condizioni in cui vivono gli animali. I responsabili del parco avevano ipotizzato il trasferimento dei cetacei in un parco acquatico cinese, ma il governo si era opposto per evitare che fossero di nuovo sottoposti ad una vita di sfruttamento. Visto il diniego e considerati gli alti oneri di mantenimento, la società di gestione ha così annunciato di essere pronta a valutare l’eutanasia degli animali, a meno di un intervento pubblico in termini di finanziamenti. Un annuncio che ha sollevato molte proteste nel mondo animalista e nella società civile.
La vicenda non è collegata con quanto accade al Marineland di Antibes, in Francia, che vive una situazione analoga. Anche in Costa Azzurra il parco acquatico è fermo e a nulla sono valse le richieste di trasferire orche e delfini in un’altra struttura in Spagna, dove, come nel caso canadese, sarebbero stati utilizzati di nuovo per degli spettacoli. Anche il governo francese, come quello di Ottawa, ha deciso di non avallare la prosecuzione di un’attività considerata ormai non più accettabile.
Il problema non è di semplice soluzione. Tutti questi animali sono sempre vissuti in cattività e non sarebbero in grado di sopravvivere da soli in natura, per cui è impossibile pensare ad un loro rilascio in mare aperto. Tuttavia non sono neppure dei pesci da acquario e una eventuale soluzione alternativa, l’ipotesi di «santuario», presuppone la predisposizione di aree controllate di grandi dimensioni, per esempio all’interno di baie chiuse. Sarebbe sempre una situazione di confinamento, ma meno gravosa rispetto alla permanenza in vasche dove gli animali girano in tondo tutto il giorno, sopportando una situazione di forte stress e disagio.
Secondo la France Presse, dal 2019 sono morti almeno venti animali, tra cui 19 beluga. L’Ontario Animal Protection Services sta indagando da cinque anni sulle condizioni di detenzione, ma i responsabili della struttura parlano di morti naturali. Nel 2019 il governo ha emesso un divieto di detenere balene, delfini e focene in cattività ed è proprio in base a questo provvedimento che ora vieta il trasferimento degli animali in Cina: non importa in quale nazione siano, la ratio della legge è quella di evitare la continuazione di una pratica.
Phil Demers, un ex addestratore che ha poi sposato la ausa della tutela di questi animali, interpellato sempre dalla France Presse, ritiene che l’eutanasia sarebbe illegale e si dice sicuro del fatto che nessuno si renderà disponibile per praticarla. Al tempo stesso, nel valutare il male minore, Demers ritiene che forse il no al trasferimento in Cina potrebbe ritorcersi contro i beluga, che di certo non possono essere lasciati ancora a lungo dove sono.
L’opzione a cui si sta pensando è però proprio quella di un nuovo santuario e si sta studiando la possibilità di realizzarne uno nella Nuova Scozia, nel Canada occidentale. «Dobbiamo trovare il modo di offrire a questi animali un ambiente arricchente – commenta Charles Vinick, direttore del Whale Sanctuary Project -. Bisogna permettere loro di concludere la propria vita con dignità». Il governo nei giorni scorsi ha assicurato di essere sul pezzo e di essere pronto ad esaminare anche altre proposte di trasferimento ma sempre a condizione che siano rispettose degli animali e non nuove occasioni per un loro sfruttamento.
(con fonte France Presse)
30 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA




