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La pagella del Mereghetti: Gli strani poteri di una figlia svelano il vuoto sentimentale (voto 7)

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Come reagire quando i tuoi comportamenti più personali, quelli che — per imbarazzo o per disagio — vorresti tenere solo per te, diventano all’improvviso conosciuti? E da una persona molto prossima, come una figlia? È lo spunto da cui parte
Lo schiaffo
(in originale
Quello che sa Mariella), opera seconda del regista tedesco Frédéric Hambalek, in concorso all’ultima Berlinale.

All’inizio vediamo Julia (Julia Jentsch) dirigente di una società di comunicazione che accetta l’invito di un suo sottoposto, Max (Mehmet Atesci), per una pausa sigaretta: lei non fuma ma quel collega la intriga e il break diventa l’occasione per rivelarsi le reciproche fantasie. Solo virtuali ma decisamente esplicite.

Altro luogo di lavoro: una casa editrice. Tobias (Felix Kramer) deve decidere la copertina di un romanzo in uscita: lui preferirebbe il disegno di un uccello in volo senza testa e lo propone nella riunione coi suoi collaboratori ma Sören (Moritz von Treuenfels) contesta apertamente la scelta che gli sembra solo «uno pseudo Magritte», portando la maggioranza dei colleghi sulla sua posizione e finendo per mettere in discussione l’autorità di Tobias.

Quando vediamo Julia e Tobias rientrare nella stessa casa scopriamo che sono marito e moglie, ognuno dei quali racconta all’altro una versione lacunosa o edulcorata della giornata lavorativa.

Ma a cena c’è anche la figlia Marielle (Laeni Geiseler) che prima racconta il litigio con una compagna che ai suoi insulti ha reagito con un sonoro schiaffone e poi inizia a dar prova di quello che le è successo: dopo quello schiaffo, Marielle riesce a sentire e a vedere quello che fanno i suoi genitori.

Che naturalmente non credono a questo strano potere, anche se la ragazza dimostra di conoscere particolari della loro giornata che non può certo essersi inventata.

E per dimostrare che non bara, inizia a svelare le azioni che nessuno dei due vuole ammettere: che la mamma ha fumato (nonostante i suoi dinieghi) e che il papà è stato umiliato dal collega (e anche lui non vuole ammettere quello che invece sappiamo essere accaduto).

Per farla breve, dopo un po’ i genitori devono accettare, almeno dentro di loro, che Marielle ha davvero doti inaspettate e sono costretti ad ammettere — con loro stessi e con la famiglia — quello che avrebbero voluto tenere per sé.

Perché a questo punto il film non solo prosegue nella sua finzione, con la figlia sempre più disturbata, per non dire disgustata, dai comportamenti che scopre dei genitori, i quali a loro volta modificano i loro atteggiamenti (con Max e con Sören) in funzione di quello che può «vedere» Marielle, ma innesca nello spettatore qualche riflessione non banale. Che va ben al di là della semplice violazione della privacy.

Da una parte il film (sceneggiato dallo stesso regista) ci mostra come non basta vedere per giudicare ma bisogna anche capire. È quello che succede a Marielle, in qualche modo «accecata» da quello che scopre, e che non cerca di riflettere sulle ragioni di quei comportamenti, su come possano essere non solo il frutto delle singole volontà dei genitori ma anche il prodotto di una complessità che inevitabilmente sfugge a chi vuole trasformare quello che ha scoperto in un immediato giudizio morale.

Dall’altra, il film diventa una difesa del diritto di mantenere privata, se non addirittura nascosta, una parte dei propri comportamenti.

Un bravo psicoanalista saprebbe giustificare il privilegio di tenere celata una parte dei propri desideri o anche delle proprie scelte, e il film ce lo dimostra per contrasto con il comportamento di Julia, la quale sceglie di dire apertamente al marito e alla figlia cosa ha fatto con Max, finendo per rovinare ogni rapporto, con la figlia, con il marito e anche con Max.

Poi alla fine il film sa trovare una soluzione alla situazione (anche se lascia un qualche salutare dubbio) ma è quella specie di deserto dei rapporti (e dei sentimenti) che i protagonisti hanno attraversato a restarci in mente.

E ad accendere in ognuno qualche salutare riflessione su un mondo che rischia di diventare senza muri e senza difese.

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25 novembre 2025

25 novembre 2025

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