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Giovedì 14 novembre ricevo una mail dal Comune di Milano: si tratta di un Adi, avviso di infrazione. È scritto: «accedeva nella Ztl denominata “area C” senza aver provveduto al pagamento della prevista tariffa». Mi chiedono 58,1 euro. Cerco nel portafoglio e, tra scontrini e tagliandi, trovo una ricevuta di euro 7,50 proprio del giorno contestato. Ho pagato quindi, non ci sono dubbi. Controllo che la targa sia corretta. Così è. Nessun errore da parte mia. Provo a rientrare nel fascicolo del cittadino dove l’ingiunzione è stata comunque notificata per verificare se sia possibile segnalare in qualche modo l’avvenuto pagamento. Ma tra uno Spid, un PosteId e un «ci dispiace ma c’è stato un malfunzionamento del sistema», l’unica voce presente e cliccabile è «paga» (che indirizza a PagoPa). Non ho modo di dimostrare in via telematica la correttezza del mio comportamento, né di segnalare che l’errore è di chi ha notificato la contravvenzione. Un sistema unilaterale.
Quindi, facciamo alla vecchia maniera: provo a risolvere di persona. Sono al lavoro (che devo sospendere) e chiedo al mio responsabile di potermi assentare, vado al Comando della Polizia Locale di Piazza XXV Aprile, dove vengo indirizzata all’ufficio Verbali. Mi raggiunge allo sportello un graduato che si dimostra sorpreso dalla situazione: «Non ci è mai successo». A volte — spiega — si presenta qualcuno che non è mai stato a Milano e ha ricevuto una multa, ma — in questi casi — accade perché il macchinario che gestisce gli ingressi ha registrato una targa sbagliata o perché qualche furbetto ha provato a modificare le lettere della targa con il nastro adesivo. Ma mai nessuno, almeno in quel Comando (dove al momento non funzionano i terminali), si sarebbe lamentato di una multa per un ingresso in Ztl regolarmente pagato.
Che fare quindi? In assenza di precedenti analoghi, mi viene suggerito di muovermi parallelamente in due modi: inoltrare — via mail alla «Direzione Sicurezza Urbana, area procedure sanzionatorie e traffico» una «richiesta di archiviazione di verbale di accertamento d’infrazione dal codice della strada» e mi viene consegnato il relativo modulo e, nel contempo, fare un ricorso, da mandare al prefetto con raccomandata. Oppure al Giudice di Pace: pagando 43 euro… Nel primo caso, mi si dice, ci potrebbe volere un mese per avere risposta. Certo, nel frattempo però la multa verrà maggiorata. Nel secondo caso, bisogna aspettare che arrivi il vero verbale di infrazione via posta (maggiorata di 17 euro) e seguire le istruzioni sul retro per fare ricorso. Una strada lunga senza la certezza di spuntarla. Pur avendo in mano la prova fisica: ho pagato, ecco il tagliando che lo dimostra. Niente. Non basta.
Lavoro e vivo a Milano, butterò via altro tempo per muovermi da uno sportello all’altro («provi ad andare in via Fiume, là magari…», mi ha detto il graduato). Ma se abitassi in un’altra città e fossi capitata quel giorno a Milano per poi tornare a casa mia? Come farei a «difendermi» e far valere le mie ragioni visto che attraverso gli sportelli digitali questo è impossibile? Vien voglia di pagare (ingiustamente) per levarsi da ogni rogna. Invece andrò avanti. E prima o poi racconterò la fine di questa vicenda assurda nella città più all’avanguardia d’Italia…
14 novembre 2024 (modifica il 14 novembre 2024 | 16:13)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14 novembre 2024 (modifica il 14 novembre 2024 | 16:13)
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