UN RECITAL DEDICATO A GIOVANNI CABOTO
E’ andata felicemente in porto il 24 giugno scorso al Centro culturale italiano di Vancouver la rappresentazione “Giovanni Caboto tra storia e leggenda”. Il recital – basato su testi di Marcella Uffreduzzi e Raffaello Lavagna, opportunamente adattati – era stato proposto tempo addietro da Anna Maria Zampieri alla direttrice dell’Istituto italiano di cultura, Alberta Lai, e affidato per la regia a Roberto Albertazzi in collaborazione con il gruppo teatrale I Commedianti. Eccezionale interprete del personaggio Caboto è stato l’attore italiano Giuliano Esperati, cui ha fatto eco un doppio coro alla greca, composto da Diego Bastianutti, Franco Cotichini, Melissa Marino e Patrizia Margiocco. Suggestiva la scenografia di Francesca Albertazzi – ispirata alla nave Mattew sulla quale Giovanni Caboto effettuò la traversata atlantica, sbarcando a Terranova il 24 giugno 1497, nel giorno dedicato a san Giovanni Battista. Sulla vela increspata da una leggera brezza, proiezioni di immagini illustrative del racconto recitato. Bello, appropriato, anche il commento musicale curato da Damiano Angoli. Direttore di scena Michele Coviello, riprese dvd di Brunella Battista. Pubblico non numerosissimo, ma rapito dalla magia dell’insieme. Presenti tra gli altri il console generale d’Italia a Vancouver Francesco de Conno, la dott. Alberta Lai, la on. Anna Terrana e i rappresentanti della stampa locale. Generoso sponsor dell’evento il comm. Giovanni Zen, imprenditore veneto-canadese, lontanto discendente di navigatori veneziani di cui si racconta la storia nell’articolo che segue, la cui versione originale è uscita nell’edizione di luglio-agosto del Messaggero di Padova, e diffusa dalle agenzie di stampa internazionali Aise ed Inform.
Giovanni Zen sulle orme degli antenati
VANCOUVER – “Il Veneto delle verdi pianure e delle dolci colline asolane è la mia terra natale. A Venezia, la Serenissima, risalgono le antiche radici dei miei avi. Il mio nome è Giovanni – Giovanni come Caboto – ma stasera vorrei ricordare il mio antenato Antonio Zen, il navigatore veneziano che avvistò le coste atlantiche di questo nostro grande Canada un secolo prima che vi sbarcasse Giovanni Caboto”. Così – tra gli applausi del pubblico s’è concluso il recital andato felicemente in scena al Centro culturale italiano di Vancouver per iniziativa di un gruppo di italocanadesi decisi a celebrare, anche tramite il linguaggio del teatro, i secolari legami tra i loro due paesi, quello di nascita e quello di adozione. Consolato generale d’Italia e Istituto di cultura hanno espresso i loro auspici per l’evento, inteso a rievocare in modo leggendario la storia di Giovanni Caboto, sbarcato a Terranova il 24 giugno 1497, nel giorno dedicato a san Giovanni Battista (e da qui il nome di St. John’s alla capitale di Newfoundland e Labrador).
Brillante interprete del personaggio Caboto il noto attore italiano Giuliano Esperati, sostenuto da un Coro alla greca, per la regia di Roberto Albertazzi e la cooperazione del gruppo teatrale i Commedianti. Sponsorizzatore dell’evento un noto imprenditore veneto-canadese, lontano discendente del navigatore veneziano Antonio Zen, fratello minore del più famoso Nicolo’, ambedue appartenenti all’antica famiglia veneziana che nel Duecento aveva dato alla Serenissima anche il doge Renier. Dal ceppo originario degli Zen di Venezia erano germogliati e s’erano moltiplicati nel tempo differenti nuclei famigliari, insediatisi in varie località del territorio veneto, come Chiarano, Mirano, Padova, Pordenone, Treviso, Verona. E più tardi anche nei paesi del mondo.
Nella sua brillante dissertazione “Gli Ulissidi dell’Atlantico” del 1997, anno cinquecentenario di Caboto, il compianto prof. Gorgio Padoan sottolineò il ruolo importante avuto dai fratelli Zen nell’esplorazione dei mari del nord. Un invito a conoscere e non dimenticare: ecco quanto s’è fatto ora a Vancouver. Con una sorprendente coincidenza: l’interprete della rivelazione trasmessa al pubblico è egli stesso uno Zen, un trevisano le cui lontanissime radici sono appunto intrecciate con quelle dei navigatori Nicolo’ e Antonio. Anche la storia personale di Giovanni Zen ha del leggendario, se non altro perché rispecchia per qualche aspetto le storie di tanti che con ferma volontà, spirito di sacrificio, indefesso lavoro ed ampia visione del futuro, dopo aver “levato le ancore” dalla terra natale sono andati – moderni navigatori da un continente all’altro della terra – ad esplorare non solo nuovi mondi e migliori condizioni di vita, ma a realizzare sogni di affermazione personale e sociale.
“Avevo sedici anni quando sono riuscito ad ottenere, con il permesso del mio sindaco prima e di mio padre poi, il passaporto per emigrare. Sono andato in Svizzera….” In un primo tempo a Berna, a trasportare carbone, poi a Ginevra dove, deciso a trovare la sua vera strada, costantemente allegro e scanzonato, il giovanissimo Zen lavora di giorno in un’azienda che imbottiglia vini e di sera fa il cameriere, come l’aveva fatto part-time in paese durante la frequenza alle scuole medie, compiute le quali era stato assunto in un calzaturificio e aveva imparato a fare scarpe. Sarebbe stata quella un’attività buona per il futuro? si chiedeva il ragazzo. Ma nell’Italia del dopoguerra, che anche di scarpe aveva bisogno, Gianni non vedeva futuro. La sua inquietudine, alimentata da una voce intima, lo spingeva a rischiare nell’ignoto. Aveva molta fede, finite le elementari era vissuto in un convento francescano a Verona, era grato ai frati per quanto gli avevano insegnato, ma sentiva che non era quella la sua vocazione. Andare, emigrare, provare, rischiare…. Lavorare, mantenersi, risparmiare, mettere da parte una piccola fortuna che avrebbe potuto servire di base per una più grande.
Un giorno (è ancora in Svizzera) avviene l’incontro determinante con un impresario edile che gli offre lavoro ma anche addestramento prezioso nel settore delle costruzioni, e lo tratta come un figlio. E’ difficile, dopo due anni, staccarsi da quella guida paterna – che mai più dimenticherà – ma occorre andare…. questa volta è il Canada a chiamarlo. Ha diciannove anni, la prima tappa è in Quebec, dove in un mese apprende l’arte di coprire isolandoli i tetti delle case. Fa freddo, piove troppo, tutti si fermano quando piove. A lui non piace fermarsi. Avverte ancora una voce invitante, sarà quella della sua fortuna! Il richiamo viene dalla costa temperata del Pacifico, dalla Vancouver delle promesse di sviluppo. E’ il 1954, lui ha diciannove anni ed è nel pieno dell’energia fisica e mentale. “Una forza della natura” l’ha definito di recente, oltre mezzo secolo dopo, un comune amico. “La città aveva allora circa centomila abitanti, era bellissima ma…. tutta da mettere in movimento” afferma oggi Zen, diventato uno degli imprenditori più noti del Canada, e non solo. A Vancouver, dopo un iniziale breve periodo di attività per una locale compagnia di costruzioni, decide di mettersi in proprio e dà vita ad un’azienda personale di piccoli appalti nel settore isolamento tetti. Lavora a ritmo serrato e in tre anni di risparmi è in grado di acquistare un terreno sul quale costruirà una residenza di dieci locali, la prima di una numerosa serie di case, palazzi, uffici, centri commerciali …. realizzati negli anni successivi sia da solo che in società con altri.
E’ parte della locale comunità italiana e fin dal 1966 socio della Confratellanza italocanadese fondata in quell’anno dal giudice Angelo Branca; è stato da sempre disponibile ad aiutare, con discrezione, chi ne avesse avuto bisogno. Nel 1960 s’era sposato con Giancarla Peretti, una vicentina che gli ha dato tre figli: Diego Moreno, Manuela e Roger. Oggi i coniugi Zen sono nonni felici di cinque nipotini. E nonno Giovanni continua a fare la spola tra Vancouver e il Veneto, dove vive con la famiglia la sua Manuela “che somiglia sempre più a mia mamma” ripete con lo sguardo che corre lontano. Uno sguardo costantemente incisivo e brillante. Una conversazione senza pause la sua, con salti impressionanti di tempi e di luoghi. Trasmette energia, stimola ad immaginare mondi nuovi.
Ma non è finita qui, Giovanni Zen non ha operato e non opera unicamente nel campo delle costruzioni. Imperterrito, sempre all’erta, egli ha diversificato i suoi investimenti convogliandoli nei settori minerario (escavazione, raffineria e lavorazione di metalli preziosi), chimico per la ricerca e la produzione di fertilizzanti, petrolchimico per fabbricare derivati petroliferi. In quante altre imprese s’è ancora coinvolto o ha intenzione di coinvolgersi? Tra l’altro sappiamo che ha in cantiere un grosso progetto di sviluppo in una nota località turistica britishcolumbiana: la realizzazione di una futuristica sede universitaria internazionale sulla cima di una delle più belle montagne che fanno corona a Vancouver. Un gruppo di architetti è al lavoro per catturare la sua visione…. egli intanto proclama felicemente: “Al mio antenato Antonio Zen, non fu dato di porre piede nella terra un cui, 99 anni dopo, sbarcò Giovanni Caboto, il Canada dove io vivo da oltre mezzo secolo, continuando ad amare la Venezia delle mie origini, la Venezia che resterà per sempre nel mio cuore!”. Quest’uomo avrà pure i suoi difetti, ma dove passa lascia il segno.
Anna M. Zampieri Pan