Stampa in emigrazione
Un giornale ultracentenario
interprete e precursore dei tempi
Vancouver, San Francisco e Los Angeles: tre magnifiche metropoli della costa del Pacifico, una storia affine di immigrazione italiana. Più antica e forse maggiormente tribolata quella delle frontiere americane, dove i primissimi furono pescatori, generici manovali e – un decennio prima che al nord, lungo il Fraser e verso l’Alaska – cercatori d’oro, minatori, operai nelle ferrovie e nei cantieri edili. Dopo di loro una moltitudine di piccoli commercianti, alcuni coraggiosi imprenditori, qualche visionario banchiere, e tanti artisti famosi. Quanta gente, quante famiglie arrivate nel corso di un secolo e mezzo portandosi un pezzo di Italia, un’Italia amata, abbandonata e talora respinta. Tutti, come oggi, alla ricerca di un futuro di speranza, di una vita degna di essere vissuta. In corsa parallela, la presenza e la testimoninanza della stampa comunitara: con la missione di informare, tenere in comunicazione con il paese d’origine, aiutare l’inserimento nel contesto di accoglienza. È ormai storia antica, come lo è quella de l’Italo-Americano di Los Angeles, fondato dal fiorentino Gabriello Spini nel 1908, tre anni prima che a Vancouver nascesse l’Italia del Canada.
Alcune coincidenze significative. Nel 1955 nasceva a Vancouver l’Eco d’Italia, giornale incorporato – dopo mezzo secolo di vitale presenza comunitaria – nell’attuale Marcopolo. Negli anni Sessanta il co-fondatore dell’Eco, Pierino Mori, aveva dato vita all‘Eco d’Italia di San Francisco, assorbito nel 1980 dall‘Italo Americano di Los Angeles, nel frattempo acquistato dagli Scalabriniani, che lo gestirono dal 1971 al 1999 sotto la guida degli indimenticabili Mario Trecco e Augusto Feccia. Storia parallela per l’Eco d’Italia di Vancouver, acquistato dagli Scalabriniani nel 1983 e da loro edito per oltre un decennio. Percorsi incrociati? Ha senso perciò che ci sia anche una sezione dedicata a Vancouver nel modernissimo bilingue Italo-Americano, oggi di proprietà della Italo American Foundation, editore Robert Barbera e nuovo direttore Simone Schiavinato, al quale ho posto due domande.
– Come avverte lei, immigrato degli anni Duemila, una tradizione ultrasecolare di giornalismo comunitario?
– Il giornalismo comunitario rimane il fattore determinante per il nostro giornale, oggi particolarmente caratterizzato dall’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione. Stiamo attraversando una fase interessante, rivolta ad identificare i nuovi “bisogni” della comunità, dando voce a ciò che conta in quest’ambito. Siamo in continua evoluzione: l’intero team de l’Italo-Americano sta finalizzando il modello che permetterà di espandere il giornalismo comunitario favorendo un servizio più interattivo tramite una interfaccia facilmente accessibile.
– Quale dunque la sua visione? quali gli aggiornamenti necessari per una continuità futura?
– Viviamo in un momento di trasformazione sociale e tecnologica senza precedenti che richiede nuove idee. Non ci sono dubbi sulla strada da seguire per continuare la nostra missione, è questione di adattarsi alla realtà che vede il cartaceo in via di estinzione, mentre essere presenti online è diventato fattore di sopravvivenza. L’audience chiede alternative al modo in cui i contenuti proposti dal giornale vengono fatti circolare. Tanti preferiscono la versione mobile tramite smart phones o tablets, altri il formato classico, la visualizzazione del sito su desktop. L’Italo-Americano offre – a chi vuole rimanere fedele al formato cartaceo – la versione digitale in PDF sfogliabile. Ogni abbonamento include un archivio completo delle passate edizioni, il tutto disponibile con un click. L’edizione digitale è replica esatta della versione stampata, distribuita ai numerosi abbonati e nei punti vendita. La tecnologia ci sta dando più modi per poter continuare a promuovere e preservare il patrimonio italiano, la lingua e la cultura, tramandandoli alle generazioni future.
Anna Maria Zampieri Pan
Vancouver, Febbraio 2014 > Messaggero aprile