Sembra opportuno, se non necessario, continuare il discorso sulla stampa in emigrazione e per l’emigrazione. Meglio conosciuta come stampa di lingua italiana all’estero e stampa italiana per l’estero. C’è qualcosa di improprio in tali definizioni, che riguardano realtà parallele. Sul concetto di “estero” occorrerebbe ancora una volta intenderci: il termine vale infatti in partenza dall’Italia, dove estero significa “fuori” (se non estraneo) mentre per chi vive nei paesi del mondo – pur essendo parte di una rete italofona globale – quell’estero è ora il luogo di residenza e di lavoro, la nuova patria di accoglienza. Con tutto il dovuto rispetto per ministero degli esteri, parlamentari della circoscrizione estera, organismi parapolitici e sindacali di estrazione italiana presenti nelle differenti comunità, si dovrebbe modificare, se non capovolgere, qualche vecchio e superato punto di vista, in particolare quando ci si riferisce al mondo dell’informazione per e degli italiani nel mondo. Che per essere completa, obiettiva, onesta, andrebbe fatta correre su reti di interscambio, di comunicazione parallela, di reciprocità di idee e notizie. Non per nulla oggi si viaggia su Internet, dove anche l’informazione di ritorno è superata dall’informazione circolare. Qui e subito. Per chi debba e voglia essere aggiornato non c’è alternativa. Purchè naturalmente possegga un computer e sappia utilizzarlo. Per i giovani non c’è problema, la rete li ha catturati da tempo. Si muovono disinvolti e sicuri tra migliaia di siti, muri, pagine, blogs… Ecco perchè anche i nostri periodici stanno dedicando loro sempre più attenzione, con rubriche adatte e stimolanti.
Più difficile è la situazione riguardante molti anziani, che per varie ragioni preferiscono il giornale cartaceo e la rivista di affezione. Da tenere tra le mani, da sfogliare tranquillamente, da leggere con calma. E qui subentra il discorso sui giornali comunitari e sulla stampa di emigrazione. Come dovrebbe essere, oggi, un giornale comunitario? La formula ideale non esiste, le comunità non sono fatte e non sono cresciute in serie. Ogni comunità è composta di persone e istituzioni con profili, esigenze, idee, prospettive, storie e problemi differenti. Laddove esiste un giornale, dev’essere espressione fedele di quella comunità: perciò non prodotto altrove e riprodotto in loco. Utili i servizi trasmessi via rete, purchè siano in proporzione con quelli di notizie e opinioni locali. Per esempio: un settimanale con prevalenza massiccia di pagine politiche trasmesse dall’Italia, in aggiunta a quelle copiate da pubblicazioni varie (anche se firmate “a cura di”), non può definirsi giornale comunitario. Molto meglio sarebbe, in questi casi, una semplice essenziale newsletter, naturalmente bilingue. Oppure poche pagine di cronaca e foto-cronaca locale, con elencazione e illustrazione di servizi utili alla comunità. E la libera corrispondenza con i lettori, in dibattito aperto e leale. E ancora un breve sintetico “punto di vista” (editoriale) sui fatti del giorno, locali, nazionali, internazionali. Importante poi la pubblicità: gli inserzionisti locali, con la loro presenza sulle pagine del giornale, lo sostengono, aiutandolo a pagare i conti e favorendone la circolazione. Purchè il giornale non diventi un business (succede anche questo!), ma rimanga un servizio utile alla comunità che lo ha fatto nascere e vivere.