MERCOLEDÌ 01 OTTOBRE 2014
VANCOUVER\ aise\ – Sappiamo tutti che emigrare in un altro paese non vuol dire fare il turista. Il vero immigrante di una, due generazioni fa doveva per forza sacrificare parte della sua identità per poter integrarsi nella terra di accoglienza. Più grande era la differenza fra la terra di origine e la terra che lo ospitava, maggiore era ciò che doveva sacrificare.
È proprio leggendo questa ultima raccolta di Anna Zampieri Pan – Personaggi & Persone – che ci si rende conto della dignità con cui ognuno ha superato mille ostacoli, di ciò che ognuno ha fatto, di ciò che è diventato, dei successi che ciascuno ha raggiunto. Le prime generazioni di immigrati in questa terra hanno insomma preparato il terreno per i loro figli e nipoti, e in questi ultimi anni stanno offrendo una diversa e fresca visione alle nuove leve di giovani italiani che approdano qui da un’Italia stanca e priva di orizzonti.
Le foto in fondo al libro mi ricordano un mosaico, che è esattamente ciò che Anna ha creato con tutte le sue interviste inserite in questo secondo volume di Personaggi e persone: una multiforme carrellata di personaggi con la loro caleidoscopica differenziazione di origini, professioni e successi, anche di quelli in sordina. La grande e ricca diversità che la raccolta ci offre dell’indomabile spirito umano e della forza di volontà degli immigrati italiani in Canada diventa uno specchio della e per la nostra collettività, ma più ancora è una vetrina che testimonia un coraggio e una grinta che tutti gli italiani in Italia dovrebbero venire a conoscere.
In un mondo di social media in cui conosciamo tutti e nessuno, in cui ci parliamo per cinguettii e mezze parole sospese nel vuoto, è singolare il libro di Anna perché ci presenta persone complete, con uno spessore di esperienza sociale, storica e culturale unico.
Viviamo noi tutti in un proprio arcipelago formato dalle poche persone di famiglia, da amici e conoscenti. Ma il mondo in cui viviamo è per lo più un mondo sommerso la cui bellezza e valore si rivelano soltanto se, come dei sub ci immergiamo e coi nostri fari facciamo vivere i colori di quel mondo nascosto. Proprio così Anna ci ha illuminato e fatto conoscere la bellezza di personaggi più o meno noti, e in modo particolare di quelle umili persone che vivono e lavorano da sempre nell’ombra per il bene comune. Coi suoi due volumi Anna è riuscita a gettare ponti fra arcipelaghi sconosciuti e mondi sommersi.
Quindi l’importanza di questo volume sta anche nel porci una domanda essenziale: se la continuazione di una cultura è ciò che permette alla seconda o terza generazione di prendere coscienza dell’esperienza della prima. Se accettiamo questa premessa, allora sta a tutti noi, vecchi e giovani continuare il lavoro di Anna e non permettere che il mare si chiuda in silenzio sopra le nostre teste.
Noi tutti abbiamo abbracciato questo nuovo paese, l’abbiamo fatto nostro arricchendoci e arricchendolo allo stesso tempo. Con tutto ciò, in ognuna delle storie che Anna ci offre traspare un vago anelito a qualcosa che si è perso per strada, forse la nostra Itaca. Abbiamo doppiato l’istmo, attraversato i mari e gli oceani, abbiamo resistito all’insidia delle sirene e di Circe in varie forme, e abbiamo approdato a nuove spiagge. Ma tornare alla nostra Itaca non è più possibile perché quella Itaca non c’è più. Piuttosto, Itaca è ovunque, perché è parte del viaggio stesso della vita. Non l’abbiamo mai lasciata; è tutto ciò che ci è familiare, è tutto ciò a cui aspiriamo che sta un po’ prima o un po’ dopo di ciò che stiamo vivendo.
Quando a fine lettura riposi il libro sulla scrivania, chiusi gli occhi e mi persi nei meandri di lontane letture e ricordi finché affiorò l’immagine di me seduto nel vano di un finestrone del Massey College all’Università di Toronto nei lontani anni ’70. Ero stufo del solito atteggiarsi dei miei colleghi nell’interminabile cocktail party offerto in onore del grande scrittore argentino Luis Borges a seguito di una serie di sue conferenze.
Ero nell’ombra a guardare la prima neve che stava ricoprendo inesorabilmente il giardino. Mi voltai a un leggero fruscio e mi trovai lo scrittore in persona seduto di fronte a me. Avviò lui il gioco della verità commentando che anche lui ne aveva avuto abbastanza di “small talk”. Conversammo più che altro di letteratura, passando spontaneamente dallo spagnolo all’italiano. Poi di colpo mi confessò che si sentiva vecchio. Colsi l’occasione per invitarlo a parlarmi di un suo racconto in cui un pittore dedica tutta la vita a dipingere un enorme affresco colmo di minutissimi dettagli, ciascuno dei quali lo impegna per oltre un anno. Solo quando capisce che ormai il suo affresco è completato, si allontana abbastanza per osservarlo nella sua interezza e si rende conto che ha fatto un autoritratto.
Borges annuì dicendo semplicemente, “Eso es, nos hemos entendido… Precisamente, ci siamo capiti….” e senza aggiungere una parola, mi strinse la mano e si allontanò a passi lenti… dal suo affresco letterario. Ecco, io credo che questo ultimo volume di Anna Zampieri Pan, unito a tutti gli altri, formi un autentico autoritratto di questa straordinaria donna. (diego bastianutti\aise)