Gli italiani dell’Ovest da Trail a Vancouver
Alla scoperta dei pionieri e delle associazioni con gli articoli scritti in oltre dieci anni
TORONTO – Dalla capitale Victoria a Vancouver, e da Trail a cittadine come Port Alberni e Yale, con il libro Presenze italiane in British Columbia (pubblicato da Ital Press nel 2009) la giornalista Anna Maria Zampieri Pan ci trasporta non solo indietro nel tempo, seguendo le tracce lasciate dai pionieri nell’Ovest canadese, ma descrive la comunità italiana di oggi attraverso il lavoro delle associazioni e le riflessioni sul futuro dell’italianità.
Presenze italiane in British Columbia racchiude articoli e reportage scritti dal 1994 al 2009. Giornalista, ma anche madre e nonna, Anna Maria Zampieri Pan ha lasciato Vicenza con la sua famiglia nel 1980 per cominciare una nuova vita in Canada, a Vancouver. «È stata una scelta dolorosa», racconta al Corriere Canadese. La passione per il giornalismo l’ha spinta subito a scrivere notizie e interviste e dal 1983 al 1990 ha diretto il settimanale l’Eco d’Italia di Vancouver (oggi Marco Polo), «quando non c’era il collegamento con Internet e tutto si faceva a mano». L’anno scorso ha ricevuto la Stella della solidarietà italiana con il grado di cavaliere per il suo lavoro. «Per me è un servizio, una missione – dice Anna Maria Zampieri Pan – è un’opportunità di dare qualcosa e ricevere in cambio entusiasmanti scoperte. Seguendo il filone della storia dell’emigrazione, ho scoperto la grande umanità in un universo completamente sconosciuto».
Dopo aver lasciato la direzione dell’Eco d’Italia, Anna Maria Zampieri Pan ha continuato a scrivere da freelance per agenzie e giornali italiani «alla ricerca di posti sconosciuti, o conosciuti da pochi, per raccontare agli italiani d’Italia – spiega – la realtà di noi italiani che viviamo all’estero». Una realtà complessa perché, puntualizza, «bisogna prima di tutto risalire alla storia delle grandi ondate migratorie, diversa da zona a zona. Mentre oggi comunicare è diventato più facile, fino a trent’anni fa la costa del Pacifico era ancora considerata il “far west”. È una storia fatta di vicende di uomini, donne, giovani, operai, politici, volontari». Tra le sue pubblicazioni dedicate alle comunità italiane anche Missioni di ieri, frontiere di oggi e Personaggi&Persone.
Per gli articoli di Presenze italiane Zampieri Pan ha raccolto interviste, documenti e testimonianze visitando musei locali, archivi, antiche associazioni, chiese e persino cimiteri. Leggendo il libro è possibile trovare informazioni su quando è stato fondato e come è cambiato il Centro Culturale Italiano di Vancouver in oltre 30 anni di storia e scoprire anche che Trail conserva un antico archivio sull’emigrazione italiana. O ancora che tra le lapidi del Cimitero dei Pionieri di Yale, a 200 chilometri da Vancouver, ci sono anche nomi di italiani che hanno cercato la fortuna nel “far west” tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Nomi sconosciuti come quelli di Manuele Di Nardo e Antonio Calderoni, “morti nello stesso giorno mese ed anno: 20 giugno 1912. Avevano 31 e 24 anni”, scrive la giornalista nell’estate del 2001. «Impari molto – dice Zampieri Pan – vedi non solo i nomi, ma anche località e date, e con la ricerca in archivi e chiese puoi ricostruire la storia del momento. Sono stata persino contattata dall’Australia da persone che non sapevano dove fosse finito un parente».
La giornalista non si limita a raccontare il passato e descrivere il presente, ma offre anche spunti e riflessioni. Tra le proposte, per citarne una, quella di affidare alle nuove generazioni la ricerca e la scrittura delle storie italiane. «È un mio chiodo fisso – spiega al Corriere Canadese – ci sono tanti discendenti di italiani in gamba. Perché, per esempio, non affrontare argomenti di questo tipo come tesi universitaria? L’apporto dei giovani – continua – potrebbe essere importante, un’interpretazione più fresca di dati reali grazie alla loro curiosità e immaginazione». E mentre il dibattito sul ruolo dei giovani e sul futuro delle associazioni è aperto da una parte all’altra del Canada, come testimonia anche il libro Presenze italiane, per l’autrice l’italianità non è destinata a scomparire. «Ho visto comunità molto più antiche, per esempio a Los Angeles e a San Francisco, con grandi esempi di vivacità, dove l’italianità è ancora fortemente sentita. L’italianità – commenta Zampieri Pan – è molto importante per i giovani, perché fa parte della loro essenza. Ciò non vuol dire separarsi dagli altri, ma essere più se stessi. Un tempo gli italiani si vergognavano perché si sentivano discriminati. Moltissimi hanno cambiato il loro cognome. Oggi, anche per la reputazione che l’Italia ha nel mondo, non è più così». Quando si parla di associazionismo, però, l’analisi cambia. «I giovani – riflette la giornalista – non possono partecipare al lavoro di associazioni impostate alla vecchia maniera. I banchetti, i balli, i picnic vanno bene per ricordare la comune origine, ma alle nuove generazioni bisogna dare cultura e formazione». Un lavoro, racconta nel suo libro, che da anni viene portato avanti a Vancouver dal club femminile del Centro Culturale italiano. «Le donne – aggiunge – sono il sostegno delle famiglie e della comunità, molte sono impegnate nel volontariato per il Centro Culturale senza chiedere niente in cambio. Sono donne anziane, madri di famiglia e non, professioniste. Le più giovani non partecipano molto, anche perché non hanno tempo. L’importante è che mantengano la loro identità e il senso di solidarietà, ma senza chiusure». Un rischio che però i giovani non corrono, anzi l’intreccio di culture «ha dei grandi vantaggi». Dopo tutto, «questo è il Canada», dice la giornalista, pensando anche alla sua esperienza personale. I suoi tre figli Ida Maria, Davide e Marta parlano anche italiano. I quattro nipoti Etienne, Samuele, Paolo e Luca «sono completamente integrati e si sentono molto italiani». I più grandi conoscono l’italiano, e i più piccoli «col tempo lo impareranno». Non è pessimista quindi sul futuro della lingua italiana. «In questo momento l’italiano si insegna sia alla Simon Fraser University che all’Università della British Columbia», dice. Dai giovani, conclude, c’è tanto da imparare. «L’associazionismo è chiuso in se stesso, invece che unificare è troppo frammentato. Impariamo dai giovani – è il suo invito – e dalla possibilità di offerte da Internet. Oggi è tutto più accessibile, bisogna svegliarsi, non bisogna fermarsi mai».
Data pubblicazione: 2010-04-08
Indirizzo pagina originale: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=97937